METODI DI ADDESTRAMENTO… COSA DICE LA SCIENZA

Fin dall'addomesticamento, i cani sono stati allevati e selezionati per una varietà di funzioni finalizzate a supportare gli uomini nelle loro attività. I cani sono stati impiegati per l'allevamento e la custodia del bestiame, per la caccia, per la ricerca e il salvataggio di persone, per il rilevamento di droghe o come cani guida per i non vedenti. Al fine di sviluppare le abilità nelle attività questi cani sono stati sottoposti a lunghi addestramenti. Attualmente i cani sono adottati principalmente come animali da compagnia, piuttosto che per il supporto lavorativo, tuttavia richiedono comunque una sorta di addestramento (regole sociali, domestiche, obbedienza generale, sport). Durante l'addestramento, il comportamento dei cani viene modificato attraverso diversi processi di apprendimento che comportano anche variazioni emozionali a seconda di quanto provato durante il training.

Come sicuramente molti di voi sanno, in ambito cinofilo esistono diversi metodi addestrativi utilizzati per raggiungere gli obiettivi desiderati.

A grandi linee potremmo parlare di metodi coercitivi, basati essenzialmente sul somministrare stimoli avversi affinché il cane compia il comportamento desiderato,  metodi gentili  basati sul rinforzo positivo (ad ogni comportamento corretto somministro un premio e non prevedo alcun tipo di punizioni per i comportamenti errati) e metodi cognitivi relazionali/zooantropologici basati su tecniche che lavorano sulla mente del cane (il comportamento non è visto come l’esecuzione di un azione automatica, ma è sempre frutto di uno stato mentale, un’elaborazione delle conoscenze possedute, il tutto in funzione delle relazioni presenti nel gruppo sociale).

L'uso di tecniche basate sull'avversione nell'addestramento dei cani è stato principalmente sostenuto dalla visione tradizionale secondo cui i cani, come i lupi, avrebbero un’organizzazione sociale di tipo gerarchico quindi il loro comportamento è guidato dal desiderio di essere “dominante" o “alfa" nel gruppo sociale. Questa visione è stata estesa alla relazione cane-uomo, nel senso che si ritiene che i cani vedano gli umani come un membro del loro branco. Per questo motivo nella visione popolare e in letteratura si è diffusa l’idea che, per prevenire la disobbedienza e l'aggressività, gli esseri umani debbano essere gerarchicamente dominanti sui cani e che il modo di esercitare tale dominio sia di addestrarli usando il confronto e metodi coercitivi. Tuttavia, l'ultimo ventennio circa, ha visto emergere una discussione accesa sulla validità e rilevanza del modello di dominanza riguardo al comportamento sociale di cane e lupo e riguardo la relazione uomo-cane. Gli studi dell’università di Basilea, che avvalorano la teoria del maschio alfa, sono stati effettuati su lupi in cattività. A suo tempo, negli anni ’40, vennero prelevati alcuni individui da diversi zoo e furono raggruppati in una piccola riserva povera di risorse. Questo ambiente sperimentale che non riproduceva lo stato reale dei fatti, creò un errore scientifico che si protrasse per diversi anni. Infatti, la riunione di individui sconosciuti, in presenza di poche femmine, scarsità di cibo e spazi ridotti portò alla manifestazione di un maggiore numero di comportamenti aggressivi, lotte continue e all’istituirsi di un ordine gerarchico nel gruppo. David Mech, che aveva anch’egli partecipato allo studio, successivamente conducendo nuove prove, lo ripudiò per avvalorare la teoria secondo cui la maggior parte dei branchi di lupi formano nuclei familiari costituiti da una coppia di adulti, dalla prole e dai “parenti stretti”. Quando gli adulti, girovagando si incontrano in un’area priva di pericoli, in cui sono gli unici lupi e con un’abbondante quantità di prede, si accoppiano e iniziano a stabilire quello che sarà un branco. Non esiste, quindi, la lotta per diventare capobranco, semplicemente i due adulti possiedono la leadership necessaria a creare fiducia e prendere decisioni per il resto del branco. La teoria che i cani e persino i lupi formino gerarchie lineari, così come l'idea che i cani vedano gli umani come membri dei loro branchi e che di conseguenza questi dovrebbero assumere un ruolo di "cane alfa" è stata quindi completamente confutata. I nostri cani si inseriscono in famiglia gradualmente e, nel tempo, grazie al nostro contributo di figure di riferimento assumono un ruolo e un rango all’interno del gruppo. È importante capire che i cani non passano tutto il tempo della loro vita a pensare a come essere i membri alfa della famiglia…hanno ben altro da fare di più stimolante!!!

La nuova visione del ruolo dei cani in famiglia ha fatto si che l’uso di tecniche di addestramento alternative basate sul rinforzo positivo o sui metodi cognitivi relazionali abbiano guadagnato terreno nei confronti dei metodi coercitivi che, di conseguenza, sono diventati sempre più controversi.

I metodi educativi/addestrativi rappresentano per la cinofilia un argomento sempre molto dibattuto. Mentre alcune persone difendono i meriti dei metodi avversativi, altre sono preoccupate per i potenziali effetti negativi sul benessere dei cani.

Io credo che ogni qualvolta ci accingiamo a insegnare qualcosa al nostro cane ci dobbiamo porre una domanda: che cosa prova il mio cane (nel senso di quali emozioni lo pervadono) durante le sessioni di lavoro? Le emozioni sono definite come uno stato mentale e fisiologico che influenzano il pensiero e il comportamento. È ampiamente risaputo che le emozioni positive contribuiscono ai successi nell’apprendimento, all’interiorizzazione di quanto acquisito, alla stabilizzazione del comportamento e al miglioramento del benessere psicofisico.

È quindi importante essere consapevoli che, pur essendo efficaci tutti i vari metodi educativi nel raggiungimento degli obiettivi, a seconda delle emozioni vissute durante le sedute di addestramento il nostro cane avrà ripercussioni importanti a livello emozionale, che influenzeranno le sue risposte comportamentali e il suo  grado di benessere.

Ad oggi, sono stati condotti molti studi volti a valutare principalmente gli effetti dei metodi coercitivi sul benessere e sul comportamento dei cani.

Le principali argomentazioni sono che le tecniche avverse possono causare danni fisici (ad es. l'uso di collari a strozzo può causare lesioni alla trachea o aumentare la pressione intraoculare) e portare a una serie di conseguenze comportamentali indesiderabili. è stato dimostrato che la punizione porta a risposte emotive negative come la paura e l’ansia inficiando l'apprendimento e le prestazioni. Inoltre, è stato riscontrato che  l'esposizione a stimoli avversi imprevedibili e incontrollabili, a lungo termine, può causare stati depressivi e debilitanti, caratterizzati da una diminuzione dell’esplorazione degli ambienti e apatia sociale.

L’utilizzo di metodi punitivi ha, inoltre, un altro grande svantaggio in quanto aumenta la probabilità di insorgenza di risposte aggressive sia nei confronti della persona che applica lo stimolo avverso, che verso altri individui del gruppo sociale o estranei.

In generale, gli studi pubblicati, effettuati principalmente su cani da lavoro o in setting “artificiali”, suggeriscono che l'uso di metodi basati sull'avversione (utilizzo di collari a strozzo, elettrici o che spruzzano sostanze irritanti, urla e altre punizioni fisiche) è correlato a indicatori di benessere compromesso: comportamenti legati allo stress durante l'addestramento, comportamenti problematici come la paura e l’aggressività e, alle analisi ematiche, livelli elevati di cortisolo (ormone dello stress).

I dati scientifici quindi ci orientano, al di là di quanto ognuno di noi possa pensare in base alle proprie esperienze, verso un’indicazione ben precisa di come i metodi addestrativi influenzino sia lo stato di benessere psicofisico che l’insorgenza di aggressività nei nostri cani.

In conclusione, cerchiamo sempre di affidarci a persone competenti, tuteliamo il nostro compagno il più possibile da tutto ciò che potrebbe provocargli uno squilibrio emozionale negativo e osserviamo, durante le sedute di addestramento o nei momenti educativi personali,  quali comportamenti manifesta in modo da interrompere l’attività prima che questa possa diventare disfunzionale.

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